Non ho l’età

Sì, lo so, non dovrei avere più l’età per certe cose. Il 18 agosto, però, sono partito lo stesso per scoprire se fosse possibile attraversare mezza Italia con una moto elettrica. Andando verso Sud, per giunta, dove le colonnine di ricarica scarseggiano. Proprio perché non più giovane, ho deciso di scoprire se fosse già possibile partire da Riccione, arrivare a Matera e Policoro con mia figlia in sella a una Eva EsseEsse9 della Energica.

Nel 2014, invitato a un convegno sulla transizione energetica organizzato da Marino Piasentà, un amico che purtroppo non c’è più, ho concluso il mio intervento con queste parole: “Oggi vi sentirete dire che la sfida in atto sarà vinta dalla scienza, che l’unica strada possibile è quella della generazione diffusa di energia prodotta da fonti rinnovabili. Ne sono convinto, assolutamente. Mi spaventano, invece, le tempistiche. Vorrei vederla anch’io questa rivoluzione e mi sa che se non vi organizzate per bene, non sarà possibile. Mi consola solo fino a un certo punto sapere che probabilmente le mie figlie, sicuramente i miei nipoti, vivranno in un mondo più green“.
Sono trascorsi sei anni, durante i quali non è successo molto. Dopo il boom del fotovoltaico a cavallo tra il 2010 e 2011, c’è stata una frenata, più che un’accelerazione. Qualcosa, comunque, si è mosso. Leonardo Maugeri (uno dei maggiori esperti del settore, purtroppo scomparso anche lui) sosteneva che la vera rivoluzione sarebbe avvenuta quando la mobilità avrebbe cominciato a spostarsi verso l’elettrico e indicava tra il 2020 e il 2025 l’anno della svolta. In questo periodo sarebbero arrivate sul mercato le citycar total electric prodotte in India e Cina a prezzi supercompetitivi.
Anche se non mi pare di averne viste ancora in giro, sono partito ugualmente nella speranza di poter dire che la mobilità elettrica è già alla portata di tutti e sperimentare qualcosa che per le mie figlie e i miei nipoti sarà la normalità, mentre mio padre non l’avrebbe mai neppure immaginato.

Abbiamo scelto percorsi fuori dalle rotte tradizionali perché il bello di viaggiare, soprattutto in moto, è anche poter improvvisare, battere strade non previste, scegliere la via più tortuosa per il gusto di immergersi in panorami altrimenti inaccessibili. Con la libertà e la spensieratezza che soltanto un mezzo a due ruote può garantire.
Ecco, quello che è mancato in questa vacanza è la spensieratezza, la libertà di poter improvvisare. Alla luce di questa esperienza credo di poter dire che in Italia la mobilità sostenibile alla prova dei fatti abbia ancora molta strada da percorrere. Non è una questione di mezzi meccanici, anche se abbiamo scelto una moto che obiettivamente costa una sproposito (noi l’abbiamo noleggiata, come sapete) ed è equiparabile a una Tesla piuttosto che alle citycar indicate da Maugeri, è un problema di infrastrutture.
Attualmente nella nostra penisola ci sono circa 20 mila distributori di carburante (in diminuzione costante ormai da qualche anno) e poco più di 5500 prese con potenza superiore a 11 Kw. Numeri che letti così potrebbero anche sembrare soddisfacenti, ma occorre tener conto che mentre ogni distributore tradizionale dispone di più pompe, in una colonnina si ricaricano uno o due veicoli per volta e nella migliore delle ipotesi occorre almeno mezz’ora. Un pieno di benzina o gasolio richiede, invece, pochi minuti.
Il sito showcar.news ha pubblicato in aprile un articolo nel quale dichiara che in Italia ci sono 13.721 i punti di ricarica pubblica, distribuiti in 7.203 stazioni. Un dato che si riferisce al numero di infrastrutture installate, sebbene alcune risultino ancora in corso di collegamento alla rete per l’attivazione. Di queste, il 73% è ad accesso pubblico (per esempio su strada), mentre il restante 27% si trova su suolo privato a uso pubblico (esempio supermercati o centri commerciali).
Legambiente ha fotografato così la situazione del 2019:

Risulta evidente che soprattutto il Sud sia pesantemente penalizzato.
Come fa giustamente notare Simone Facchetti nell’articolo già citato, In assenza di una piattaforma ufficiale con input dati di prima mano (la PUN, Piattaforma Unica Nazionale, di cui si parla da lungo tempo) appare particolarmente difficile ricostruire un quadro affidabile e preciso di collocazione delle infrastrutture di ricarica nel nostro Paese. Avere una chiara idea di quale sia il numero di punti ogni 100 km sarebbe utile sia per l’utente della mobilità elettrica, sia per i CPO (Charging Point Operators) che gestiscono l’installazione di nuovi punti.